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sabato 14 febbraio 2015

L'album di famiglia dei "sedicenti ambientalisti" dell'immaginifica Terra di Lilliput

Francesco Ferrante, ex-direttore generale di Legambiente,  con questo articolo pubblicato su La Stampa ha attaccato i "sedicenti ambientalisti" che si oppongono, con fumosi argomenti, agli impianti a fonti rinnovabili.

Hallelujah, era ora che un esponente ambientalista facesse chiarezza sull'argomento. Ma, a mio modesto avviso, questo non basta.

La diffusa opposizione alle rinnovabili non può essere etichettata come opera di "sedicenti ambientalisti". 
Purtroppo non è così. C'è uno sfondo culturale comune che va indagato. L'errore di fondo di queste posizioni consiste nel sopravvalutare le potenzialità del risparmio energetico, e delle mini-rinnovabili. E questo errore è stato diffuso a piene mani non da "sedicenti ambientalisti", ma da tutto il movimento (con qualche lodevole eccezione, relegata però nei ruoli tecnici). 
Sarebbe ora di far diventare consapevolezza comune questa  conoscenza tecnica. 
Stili di vita frugali e nuove tecnologie per l'efficienza energetica sono leve importantissime per vincere la sfida della decarbonizzazione. Ma anche se si riuscisse, come auspico, ad azionare tutte queste leve per ridurre i consumi, il fabbisogno energetico rimanente sarebbe tutt'altro che banale.

Prendo ad esempio lo scenario per una Germania "verde" al 2050, elaborato da Henning e Palzer del Fraunhofer Institute for Solar Energy Systems (ISE)  (qui le slide, che contengono anche la bibliografia).
Nel grafico seguente è riportata la riduzione del fabbisogno energetico primario della Germania al 2050. Per ridurre dell'81% le emissioni di CO2, e così centrare l'obiettivo della decarbonizzazione, è necessario il dimezzamento del fabbisogno primario al 2050 rispetto ai valori attuali.


Energia primaria ed emissioni di CO2 in Germania al 2050 rispetto ai valori attuali.  Lo scenario al 2050 è di Henning e Palzer (ISE) (link)
Ammettiamo ora che tale dimezzamento del  fabbisogno energetico sia effettivamente realizzabile (gli studi tecnici possono valutare solo la fattibilità tecnico-economica, non quella socio-culturale). 
Rimangono, comunque, circa 1800 TWh/anno di energia da produrre (1800 *miliardi* di kWh/anno, per utilizzare una unità di misura di uso più comune).
Per far quadrare i conti con (prevalentemente, non esclusivamente)  fonti rinnovabili, che tipo e quantità di impianti sono necessari?
Il grafico seguente riporta questi dati per la parte di produzione elettrica.


Potenza elettrica in Germania al 2050, secondo lo scenario di Henning e Palzer (ISE) (link)


Dove sono in questo grafico le mini-rinnovabili?
Far quadrare i conti della decarbonizzazione con prevalenza di rinnovabili è possibile, ma non stiamo certo parlando di pochi piccoli impianti:
  • 120 GW di eolico a terra, sono sessantamila (60.000) torri eoliche alte 100 metri;
  • 147 GW di fotovoltaico, sono circa 2,6 milioni di ettari (compresi gli spazi tra le file dei pannelli). Meno dell'1% del territorio tedesco. Fattibile (perché in parte i pannelli vanno anche sui tetti), ma non certo di dimensioni lillipuziane, per usare un eufemismo!

Per i coraggiosi, rimando ad altri studi degli stessi autori dove si simula una Germania nel 2050 al 100% alimentata con rinnovabili (spoiler, il numero di turbine eoliche e campi fotovoltaici aumenta non di poco!).

Alla luce di questi numeri si può capire come  decarbonizzare il sistema energetico con le rinnovabili non è esattamente un'opera "invisibile"!!!
L'ingombro visivo di turbine eoliche e pannelli è un risultato inevitabile. 

È soltanto controproducente lanciarsi in accorati esercizi retorici sulla "leggerezza" della transizione alle rinnovabili. Sarebbe molto meglio, con analitica freddezza, elencare i tantissimi vantaggi delle rinnovabili, assieme ai pochi svantaggi (l'ingombro visivo), e chiarire ai cittadini quelli che sono i veri numeri della questione. E cioé che eolico e solare dovranno far parte del paesaggio comune, non essere un'eccezione.

Le rinnovabili "piccole", di "nicchia" sono servite in una prima fase della transizione, quando ancora la loro relativa immaturità rendeva impossibile il confronto diretto con le fonti fossili. Occorreva difendere, appunto, una nicchia, per permettere a queste tecnologie di maturare. Ma bisogna essere consapevoli che la "nicchia" è irrilevante a risolvere i colossali problemi della decarbonizzazione, e che l'acquisita maturità di eolico e solare permette ora di affrontare le fonti fossili sulla scala necessaria, che è quella *grande*.
La retorica del "piccolo è bello" è da superare. 

Devo purtroppo notare che anche ambientalisti ragionevoli come Francesco Ferrante si ritraggono da questa necessaria svolta argomentativa, tendendo sempre a inquadrare la transizione alle rinnovabili come una passeggiata in un Eden ancestrale.

Per esempio, è diffuso il tabù degli impianti fotovoltaici a terra. 
Perché costituirebbero un grave "consumo di suolo" nell'immaginifica immacolata campagna italiana.
Niente è più lontano dalla realtà di questa accusa. Si può legittimamente porre la questione dell'ingombro visivo. Ma il fotovoltaico  non costituisce un esempio negativo di consumo di suolo, per i seguenti motivi: 
  • Il suolo effettivamente cementificato in una centrale solare è solo una piccola parte della superficie complessiva (e si può ulteriormente ridurre con un minimo di attenzione). 
  • Il suolo destinato ad una centrale solare non presenta danni di lungo periodo, come invece accade per altre fonti energetiche. Inoltre, è compatibile con altri usi, quali quello dell'incremento della biodiversità per gli insetti impollinatori, e persino con la pastorizia.
  • La relativa efficienza del fotovoltaico rispetto alle altre fonti rinnovabili (in termini di energia per unità di supercie impiegata), fa si che dell'impegno di suolo ce ne possiamo tranquillamente disinteressare, perché ininfluente (maggiori dettagli in questo post)!

Se quindi la questione del consumo di suolo è ininfluente,  non lo è affatto la questione dei costi. Una centrale solare a terra può raggiungere costi di produzione bassi, e quindi posizionarsi per distruggere l'economicità delle fonti fossili.
È quindi totalmente irrazionale riverire questo totem eretto da qualcuno che ha problemi con l'aritmetica.

In conclusione, c'è ancora troppa timidezza nell'affrontare i miti anti-rinnovabili, perché si fa ancora riferimento ad un quadretto bucolico della transizione energetica. Piaccia o non piaccia, l'impresa è colossale.
Tempo di aggiornare i concetti guida: 
"Grande è meglio"

  







sabato 7 febbraio 2015

Brasile, brusco risveglio dai pingui sogni petroliferi

Brasile, scoppia bolla del petrolio ad alto costo d'estrazione (pre-salt).
Progetto fragile perché dipendente esclusivamente da scenari con prezzo del barile alto.
Presto gli sviluppisti petroliferi si renderanno conto che l'unico prezzo su cui potranno contare sarà molto più basso di quello a cui aspirano.
Questo per tre principali "linee di forza":

  1. Anche se il petrolio fosse gratis, i suoi costi sanitari e ambientali sono già oggi così alti da giustificare una miriade di azioni per ridurne il ruolo nel sistema energetico.
  2. Il modo d'uso del petrolio è strutturalmente a bassa efficienza (motori a combustione interna, prevalenza modale della gomma, etc), quindi tale modo d'uso deve avere un input energetico a basso costo, altrimenti si entra in stagnazione/recessione.
  3. L'ineguale distribuzione geografica della risorsa petrolifera, l'inelasticità di breve periodo della domanda, creano dipendenza geopolitica, quindi guerre, petrodittature, etc. Esiste quindi una forte motivazione geopolitica a ridurre il prezzo per ridurre le rendite dei produttori a basso costo d'estrazione.

Quindi, il petrolio, per essere venduto, o meglio "spacciato", deve essere a basso prezzo.
I progetti che si basano su stime alte dei prezzi futuri del barile creano, inevitabilmente, bolle.

È sbagliatissimo ritenere che bassi prezzi del petrolio necessariamente implicano alti consumi e quindi alti impatti ambientali.
Grazie ai bassi prezzi del barile è possibile offrire ai cittadini un assegno di defiscalizzazione (finanziato da maggiore tassazione su combustibili fossili).
Questo dividendo del carbonio può far cambiare direzione al sistema energetico.
Dispiace per chi ha investito sulle droghe fossili, ma dobbiamo disintossicarcene.