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mercoledì 23 aprile 2014

Una centrale a carbone a Saline Joniche? Ma lì il sequestro della CO2 è una chimera. E altri motivi del No


Dopo la pubblicazione del rapporto IPCC-WG3 non dovrebbero esserci più dubbi  sulla necessità di bloccare investimenti in impianti energetici ad alta intensità di emissioni di CO2 come quello della centrale a carbone di Saline Joniche.
E' vero che lo stesso rapporto dell'IPCC indica una soluzione per le centrali a combustibili fossili: catturare la  CO2 e confinarla sotto terra (carbon capture and storage, CCS).
Ma l'opzione CCS per Saline Joniche è estremamente improbabile. Quindi, un impianto che non possa neanche in futuro essere dotato di CCS, dovrebbe essere bloccato.

Questo scetticismo sul CCS a Saline Joniche  deriva dalle seguenti considerazioni. Un autorevole articolo (Zoback e Gorelick, 2012) esprime diverse critiche al confinamento geologico della CO2. Secondo questi autori, sarebbero limitati a livello globale i siti dove il confinamento possa avvenire in sicurezza. La CO2 deve rimanere confinata per secoli. Ma la stessa immissione di CO2 può innescare terremoti, che, anche se di lieve entità, quindi non direttamente pericolosi, produrrebbero una reimmissione in atmosfera della CO2, con conseguente danno climatico. 
Quello che si evince da questo studio è che l'opzione CCS sarà problematica a livello globale, e comunque praticamente impossibile da attuare in un'area a fortissima sismicità come quella del Sud della Calabria.

Certo, queste sono considerazioni globali che potrebbero essere derubricate in un'ottica puramente locale e di breve periodo. 
Ma questa scarsa lungimiranza rischiamo di pagarla non solo in termini di danno sul clima, ma anche sui costi indiretti di tali scelte energetiche. Prevedere una così grande nuova potenza termoelettrica per il Sud Italia significa rallentare l'espansione in atto della fonte solare e di quella eolica. Si parla spesso, e a sproposito, della difficile integrazione nella rete elettrica di queste fonti variabili. Ma ci si dimentica che anche le grandi centrali termoelettriche presentano i loro rischi di affidabilità. Rischi che saranno sempre maggiori con il presentarsi d'estate di ondate di calore, che, impedendo la condensazione dei mega-cicli termodinamici, possono mettere in ginocchio la rete. Eolico e fotovoltaico non hanno di questi problemi. Un motivo in più per evitare la dipendenza fossile.

La strategia migliore per bloccare lo scempio ambientale del carbone è promuovere una forte espansione di solare-eolico. Queste fonti possono distruggere l'economicità di nuove centrali termoelettriche. Come sta avvenendo in Germania dove la diminuzione del numero di ore annue di funzionamento delle centrali termoelettriche sta portando a dismissioni anticipate delle stesse. 
Il movimento ambientalista deve avere chiare le dinamiche in gioco, e, oltre a protestare contro il carbone, deve evitare il condizionamento di frange pseudo-ambientaliste che vorrebbero bloccare solare-eolico con argomentazioni che non reggono, e con veri e propri miti.








Come i lobbisti del tabacco. Il futuro prossimo dei negazionisti-offuscatori della lobby fossile

Questo interessante articolo di Dan Zegart su The Nation definisce un parallelo tra la lobby dei combustibili fossili e quella del tabacco. La lobby fossile si trova oggi ad un punto simile a quello già sperimentato nei primi anni '90 dalla lobby del tabacco, che negli USA è stata poi stritolata nei tribunali. A quel tempo emerse come irrefutabile il legame fumo-tumori, e le strategie di comunicazione della lobby del tabacco che miravano a negare-offuscare questo legame costituirono un pesante fatto aggravante. 
La similitudine è schiacciante perché anche nel caso dei combustibili fossili il legame con il cambiamento climatico è ormai consenso scientifico da molti anni. Non si potrà affermare di non aver saputo. Non ci saranno alibi nel caso in cui si possa provare che una strategia negazionista-offuscatrice sia stata messa in campo.
Per gli avvocati, quindi, diventa tutto molto interessante. Si potranno riprendere tutte le dichiarazioni negazionistiche-offuscatrici degli esponenti delle compagnie fossili, e chiedergliene conto.
Ce ne sarà bisogno, perché i grandi investimenti per la transizione energetica, e per le riparazioni dei danni del cambiamento climatico, qualcuno dovrà pur pagarli.




martedì 22 aprile 2014

Perché solare e eolico NON hanno un eccessivo consumo di suolo

Le prefiche sobillate dalla lobby fossile intonano strazianti nenie sul consumo di suolo della fonte solare e di quella eolica. E' questo uno degli ultimi punti di difesa della suddetta lobby.
Ma le valutazioni scientifiche smentiscono questi lamenti.


COMPARARE PERE CON MELE
L'argomento tipo è:
 "una centrale solare richiede 50 volte più spazio di una centrale fossile, o nucleare".

Vero, ma nel ciclo del carbone o in quello del nucleare non esiste soltanto la centrale. Nel seguito riporterò i dati per il solo ciclo del carbone, perché le valutazioni sul nucleare sono più complesse, e non sono di attualità nel dibattito. Inoltre, la sfida mondiale è oggi tra rinnovabili e carbone, quindi è questo il confronto rilevante.
In questo post indicherò come "solare" il fotovoltaico con pannelli piani, e come "eolico" l'eolico a terra. Eolico offshore e solare termodinamico non verranno considerati perché per l'offshore non c'è consumo di suolo, e perché il solare termodinamico è destinato a localizzazioni in aree desertiche dove sono meno pressanti i dubbi sul consumo di suolo (infondati comunque anche questi).

Quindi, il carbone, quanto suolo richiede per produrre una data quantità di elettricità?
Bisogna integrare i dati sulle attività estrattive, sulle infrastrutture di trasporto, stoccaggio (i carbonili), centrale termoelettrica, ed infine smaltimento scorie (sì, anche il carbone ha le sue scorie). 
Analogo calcolo va effettuato sul ciclo del solare e dell'eolico. La differenza principale tra solare-eolico e carbone consiste nella diversa prevalenza della fase della produzione elettrica. Nel caso del carbone il consumo di suolo della centrale è piccolo, ma è molto grande quello delle altre fasi del ciclo. Esattamente il contrario vale per solare-eolico, dove il consumo di suolo delle centrali rappresenta quasi tutto il consumo di suolo di questi altri cicli. Nel caso di solare-eolico quello che si vede nella fase di produzione è praticamente il totale. Mentre nel caso del carbone, la fase di produzione è ben lontana dal rappresentare il totale. Da qui l'errore di valutazione, che se è giustificabile per i cittadini non-tecnici, quando, invece, è propugnato da sedicenti esperti si configura come menzogna, per di più motivata da conflitti d'interesse.
Questa è la sintesi discorsiva, adesso passiamo alla sintesi numerica offertaci da studi indipendenti e revisionati da pari come questo.

IL CICLO DEL CARBONE
Secondo Fthenakis e Kim (2009), per produrre 1 GWh di elettricità il carbone richiede soltanto nella fase di estrazione 400 metri quadri (media sulle attività estrattive negli USA). Su questo suolo verranno poi effettuate attività di ripristino, ma gli effetti sulla distruzione degli habitat sono lunghi nel tempo, e si estendono fino a 200-300 anni! Le altre attività del ciclo del carbone pesano di meno, ma solo la centrale ha impatti modesti 9 mq/GWh (da questo valore prende spunto il fuorviante argomento del fattore 50!). Ma vanno aggiunti non trascurabili 30-80 mq/GWh per trasporto-stoccaggio, e 2-11 mq/GWh per smaltimento scorie. Non vengono considerati dallo studio le trasformazioni indirette di suolo indotte dalle emissioni inquinanti in aria (piogge acide su foreste) e in acqua. Lo studio è quindi molto conservativo.

IL CICLO DEL SOLARE
Il solare fotovoltaico, per la medesima quantità di elettricità, 1 GWh, richiede  circa 400 metri quadri per la centrale, e circa altri 25 mq/GWh per il resto delle attività indotte. Inoltre, essendo il consumo di suolo del solare "statico", cioé non richiede attività estrattive  per l'esercizio, aumentando l'intervallo di tempo dell'analisi il consumo di suolo del solare  decresce linearmente (è così anche per l'eolico). Considerando due cicli di utilizzo da 30 anni per un totale di 60 anni in una località ad alta insolazione, il consumo di suolo della centrale solare scende a soli 164 mq/GWh!

AND THE WINNER IS....
Il confronto tra il consumo di suolo del solare e quello del carbone ci indica che:
  1. le superfici delle due opzioni sono comparabili sul ciclo di  20-30 anni;
  2. le superfici del solare sono minori allungando l'intervallo dell'analisi in una prospettiva intergenerazionale.
E non dimentichiamo che vanno considerate le diverse pesantezze ambientali dei due tipi di uso di suolo: devastante per il carbone, leggero per il solare.
Inoltre, il solare fotovoltaico a terra può essere ulteriormente mitigato per usi di ombreggiamento di serre, oppure per usi compatibili con l'aumento della biodiversità. Un esempio, questo impianto solare che, pur occupando suolo, è integrato in una eccellente gestione ambientale che attrae insetti impollinatori e altre specie.
Per gli insetti impollinatori, un paradiso! Altri dettagli sulla gestione ambientale di questo impianto in questa presentazione. Foto di Guy Parker.



MA L'EOLICO?
Si potrebbe dire, ok per il solare, ma l'eolico, invece?
L'eolico per produrre 1 GWh di elettricità  richiede  2000 - 3000 mq. Ma queste superfici non rappresentano suolo cementificato! Soltanto una piccola quota, tipicamente lo 0,01-2%, di queste superfici sono interessate da opere di infrastrutturazione (le basi delle torri, le strade di accesso, che possono essere anche degli sterrati).
Il rimanente 98-99,9% è suolo disponibile per altri usi, come per esempio agricoltura, pastorizia, forestazione. E' nell'uso congiunto con la forestazione che si raggiunge il valore massimo di perdita di suolo, 2%, per strade di accesso e spazi da tenere liberi intorno alle turbine. Ma bisogna chiarire che questo 2% si riferisce a foreste commerciali, per uso carta-legname, non foreste vergini. Quindi anche questo utilizzo di caso peggiore dell'eolico ha un impatto sul consumo di suolo basso. Anche prendendo un valore estremo, non tipico, del 10%, e un valore di caso peggiore per lo spazio, 3000 mq/GWh, avremmo un consumo di suolo pari a 300 mq/GWh. Ripeto, caso estremo sfavorevole. Un valore medio dovrebbe considerare 25 mq/GWh, come i soli carbonili e le tristi teorie di treni per carbone. 
In sintesi, anche l'eolico ha un ottimo punteggio sul criterio del consumo di suolo.
Il valore alto delle superfici richieste dall'eolico rimane significativo non sul criterio del consumo di suolo, ma sul criterio del paesaggio. Ma su questo altro criterio (ripeto, il paesaggio, non il consumo di suolo, sono criteri diversi), rimando al punto 8 di un mio post precedente.

IN CONCLUSIONE....
Prefiche fossili, aggiornate le vostre nenie, o meglio, smettetela. Il vostro è solo inquinamento acustico.

  

   









sabato 19 aprile 2014

Put your money where your mouth is. Una modesta proposta: assicurare trivelle-sisma

Dal blog promosso da Chicco Testa, Non-Executive Director della Mediterranean Oil & Gas, arrivano accorati appelli a non drammatizzare le conclusioni della Commissione Ichese sul possibile nesso trivelle-sismi.
Il rischio non esisterebbe.
Prendiamoli in parola, ma con le cautele suggerite dall'adagio: 
put your money where your mouth is.

La MedO&G è sita in "68 King William Street London", a pochi passi (6 minuti di cammino, dice GoogleMaps) dalla sede dei Lloyd’s, che, com'è noto, assicurano di tutto.
Quindi, basterebbe una breve passeggiata per verificare  il premio di una assicurazione che copra questo rischio inesistente.
Se il rischio è inesistente, dovrebbe costare zero.
Se ai Lloyd’s la dovessero, non ce lo auguriamo, pensare diversamente, beh, che possiamo farci?
Volete forse che questo costo (equivalente a un sussidio) lo debba sostenere la già tanto indebitata collettività italiana?
Suvvia, basta una passeggiata e ci togliamo il dubbio!






Come cambia il mondo! Solare-eolico-gas costa meno di nucleare-gas

Questo studio riporta un interessante esercizio di calcolo, e risponde alla seguente domanda. Su un orizzonte temporale di 35 anni quale tra le due seguenti opzioni costa di meno, 1) un mix (50-50) di nucleare e gas, oppure 2) un mix (50-50) di rinnovabili (fotovoltaico-eolico) e gas?
Le due opzioni hanno il medesimo profilo ambientale in termini di emissioni climalteranti e di altre emissioni inquinanti perché entrambe utilizzano il medesimo quantitativo di gas per soddisfare un tipico profilo di domanda elettrica. Infatti, anche il nucleare necessita di potenza flessibile d'accompagnamento. Il dimensionamento ottimo del nucleare nel mix è non superiore al 50% (infatti, la Francia si dà oggi l'obiettivo di scendere nei prossimi anni al 50% per la quota nucleare). Le esigenze di potenza flessibile per solare-eolico sono ben maggiori in termini di potenza gas da dedicare a questo ruolo. Ma lo studio correttamente considera anche questi aspetti. Il mix rinnovabili-gas ha una potenza complessiva maggiore di quello nucleare-gas (circa 2,5x). Nonostante questo svantaggio, il calcolo ottiene  risultati che solo pochi anni fa sarebbero stati da fantascienza: il mix rinnovabili-gas costa circa il 20% in meno del mix nucleare-gas (si veda la figura seguente). 
Costi annui in milioni di euro per fornire una potenza media di 1 GW per 8760 ore (quindi 8760 GWh prodotti) e per un profilo di domanda tipico (domanda minima 0,6 GW, punta 1,4 GW). A sinistra il costo del mix solare-eolico-gas, a destra quello del mix nucleare-gas.


Il risultato è straordinario per i seguenti motivi: 

  1. nel calcolo vengono considerati i costi attuali del fotovoltaico e dell'eolico in Germania. Il calcolo non incorpora  miglioramenti delle tecnologie (su 35 anni!). 
  2. Il fotovoltaico è inoltre svantaggiato perché il riferimento è la non certo abbondante produzione solare unitaria delle latitudini tedesche.
  3. Le nuove possibilità delle smart-grid per flessibilizzare la domanda senza dover ricorrere ad onerosa potenza a gas non vengono considerate (questo fattore svantaggia più il solare-eolico che il nucleare).
  4. Il calcolo ipotizza un sistema elettrico chiuso, senza importazioni-esportazioni. E' noto come un'integrazione su scala continentale attraverso super-grid può ulteriormente diminuire le criticità delle fonti variabili.

Game over, quindi?
No, non ancora, non è così facile, perché ormai solare-eolico hanno come avversario non il nucleare che si trova incagliato su una traiettoria tecnologica che ha deluso (la III generazione che è riuscita nel non encomiabile obiettivo di essere più costosa della II, senza i necessari miglioramenti sistemici di sicurezza passiva, non proliferazione, etc).
Gli avversari di solare-eolico sono le vecchie centrali a carbone che producono a costi marginali ancora più bassi. Per dare un'idea del gap ancora da colmare, il mix rinnovabili-gas considerato in questo studio produce a circa 7,8 centesimi di euro per kWh. Il carbone produce a costi pari alla metà di questa cifra. E' vero che individualmente fotovoltaico e eolico producono a meno (7,3, e 5,6 c€/kWh, rispettivamente), ma per la piena competitività di un sistema a basso contenuto di carbonio conta il mix. Questo è l'ultimo cuscinetto di prezzo da comprimere, circa 4 centesimi per kWh. Bisognerà vedere se interverrà l'elemento tecnologico, nuove cadute di prezzo delle rinnovabili, o quello regolativo, internalizzazione dei danni socio-ambientali, che sono di gran lunga più onerosi di questi quattro ultimi sporchi centesimi. Anche il carbone "regolato", cioé con cattura e sequestro della CO2 (ammesso e non concesso che si faccia mai) è ormai eccessivamente costoso rispetto a questa opzione solare-eolico-gas. Rimane la sfida con il carbone selvaggio.

P.S. Lo studio è  ottimistico al riguardo dell' impatto delle fonte variabili sui costi d'usura delle centrali a gas di supporto. Viene citato al riguardo uno studio IEA. Dalle stime del costo di cycling di quest'altro studio NREL, questa ipotesi sembrerebbe trovare conferma, e non sposterebbe di molto il vantaggio economico del mix rinnovabili-gas perché il costo di cycling è stimato nell'ordine dei millesimi (non centesimi) di euro per kWh, e quindi non altererebbe le conclusioni. 


P.S.2 Questa indicazione della convenienza e fattibilità di un mix 50-50 rinnovabili-variabili-gas non deve far dimenticare che questo sarebbe solo un obiettivo intermedio. Attraverso smart and super grid, e altre rinnovabili dispacciabili (idro, geo, solare termodinamico con accumulo termico, un po' di biomassa in assetto cogenerativo), l'obiettivo è ridurre ai minimi termini anche il gas, perché 50% sarebbe ancora troppo, sia in termini di dipendenza geopolitica, che di obiettivi di decarbonizzazione.

La verità ti fa male lo sai....

Come previsto in un precedente post, le conclusioni della commissione Ichese sul possibile nesso trivelle-sismi, stanno mandando in furia Chicco Testa, Non-Executive Director della Mediterranean Oil & Gas.
In un post non firmato sul blog di Testa viene oggi portato un attacco alla Prof.ssa D'Orsogna, che ha avuto il merito di sensibilizzare l'opinione pubblica abruzzese sui rischi dell'estrazione di idrocarburi.
Gli argomenti di questo attacco sono quelli tipici della "character assassination".
Esiste una ben nota fallacia logica, quella dell'argomento ad hominem, che viene ampiamente utilizzata dal post in questione: 
"PROF DI MATEMATICA, AUTODIDATTA, CHE NON VORRESTE COME INSEGNANTE PER I VOSTRI FIGLI".
E perché di grazia?
Dalla lettura del post si evince che la Prof è sì di matematica, ma autodidatta in materia di petrolio, quindi non sarebbe un vero esperto. Accusa ridicola perché le questioni energetiche hanno una dimensione extra-tecnica che richiede l'aggancio a scelte valoriali. Tutti possono esprimersi al riguardo,   nel rispetto degli elementi fattuali di verità. Cosa che la Prof ha fatto, nei limiti di quello che può fare un singolo, riferendosi a studi scientifici indipendenti e revisionati da pari (peer review).
Quindi, l'accusa di essere autodidatta  sul petrolio non regge, ed è inoltre, in quanto accostata nel titolo a "Prof di matematica" (perché sulla matematica la Prof ha i titoli), un chiaro scivolamento nella "character assassination".

Da dove deriva tutto questo nervosismo petrolifero?
I lobbisti delle trivelle possono cimentarsi a relativizzare quanto vogliono le conclusioni del rapporto Ichese. Ma è ora di dominio pubblico che una possibilità, non importa quanto piccola, esiste che trivelle inneschino sismi. Ripeto, non importa quanto piccola sia la probabilità.
Questo perché una valutazione integrata dell'opportunità di trivellare o meno per produrre idrocarburi deve già oggi prendere in considerazione un amplissimo ventaglio di rischi.
Rischi locali (sversamenti, etc), e globali che l'investimento in trivelle comporta (cambiamento climatico).
L'opposizione alle trivelle deriva da questa ampiezza delle motivazioni contrarie.
Il nesso trivelle-sisma è soltanto l'ennesimo motivo che si aggiunge agli altri.
Ecco perché lo si può relativizzare a piacere, ma in quanto rischio aggiuntivo è rilevante.

E c'è dell'altro.
Come ha già più volte dimostrato nel corso della sua storia pubblica, Testa non conosce la differenza tra rischio gestibile e rischio catastrofico. Provo a definire nel seguito questa importante differenza.  Il rischio gestibile è quello che ha solo ripercussioni locali e per il quale esiste una consolidata capacità di fare previsioni. Quindi un rischio al quale sono associabili un intervallo di probabilità, e un intervallo di conseguenze che, per quanto possano essere localmente gravi, non coinvolgono ampie porzioni della società. Un esempio di rischio gestibile è quello che si ha nel trasporto aereo, dove conosciamo bene quali sono le probabilità degli incidenti per km percorsi, e le conseguenze. Su questo tipo di rischi ognuno decide in base alla sua personale sensitività al rischio. Le trivellazioni per idrocarburi, per il combinarsi di rischi molteplici e globali, non rientrano nella casistica dei rischi gestibili. 
Mi dispiace, cari petrolieri, siete entrati nella zona del rischi catastrofici. Per dirla con Nassim Taleb, nella zona Black Swan, quella dei Cigni Neri.
Per questo tipo di rischi è razionale invocare il principio di precauzione, cioé passare dalla valutazione probabilistica, a quella basata sull'esame del caso peggiore. Ripeto, è razionale essere prudenti, ed è irrazionale minimizzare in base allo smorzamento dell'effetto della bassa probabilità. 

Per i petrolieri-gasisti si sta addensando una tempesta perfetta. In prima battuta si potrebbe pensare che le rinnovate tensioni sull'Ucraina favorirebbero l'estrazione su suolo europeo, per motivi di sicurezza degli approviggionamenti.  
Ci sarà un tentativo in questa direzione, ma la geografia e la cultura europea (densità della popolazione, passione per i territori) non sono quelle nordamericane, e i tempi sono cambiati anche lì perché maggiore è l'esperienza che si ha delle nuove tecniche d'estrazione (fracking, tar sand), e maggiore è l'opposizione che anche lì sta montando (ieri, imbarazzato rimando a novembre di Obama su oleodotto Keystone).
Invece, potrebbe essere la dinamica tecnologica, come riconosciuto anche da questo editoriale sul NYT, che potrebbe cambiare il quadro.
Come argomenta Friedman, il nuovo pericolo del nazionalismo russo sostenuto dagli alti prezzi degli idrocarburi, potrebbe accelerare tutte le soluzioni tecniche per poter arrivare ad un contro-shock petrolifero come nel 1986. Con la differenza rispetto ad allora che il nuovo quadro della regolazione per il clima continuerebbe a tenere, via tasse, alto il prezzo finale agli utenti (gli Stati ne hanno un bisogno dannato, utilizzeranno il clima come falso alibi). Ma l'effetto potrebbe essere una salutare distruzione di questa antiquata industria petrolifera. Scenari troppo futuribili? Non credo, la coscienza della necessità della transizione si sta espandendo esponenzialmente.
Ai francofili suggerisco di ascoltare come si discute d'energia in un paese serio. 
Sono solo 4 ore, ne vale la pena:





venerdì 11 aprile 2014

Requiem per le Trivelle in Italia. O Della Fortuna di Chicco Testa

La notizia riportata da Science oggi è di quelle che possono segnare un punto di svolta. Nello specifico, bloccare le attività estrattive di idrocarburi in Italia. 

L'articolo anticipa le conclusioni di un comitato internazionale di geologi sul nesso tra attività estrattive di petrolio e il terremoto in Emilia-Romagna del 2012.  L'attività estrattiva "may have triggered", cioè "potrebbe aver innescato".  E' una dichiarazione che indica una possibilità, non una certezza. Ma legittima, in un paese ad alto rischio sismico, a bassissima preparazione anti-sismica, e ad alta densità abitativa, misure basate sul principio di precauzione. Si accettano scommesse sull'esito degli iter autorizzativi per le nuove trivelle auspicate dalla lobby fossile! Qualunque sarà l'esito delle cosiddette riforme costituzionali che intenderebbero ri-centralizzare le decisioni in materia energetica, la pressione dell'opinione pubblica diventerà insostenibile per chiunque vorrà cimentarsi nella difesa delle trivelle. Posizioni critiche, come quelle della Prof.ssa Maria Rita D'Orsogna, già ampiamente fondate sugli impatti ambientali delle trivelle, trovano ora un altro sensibile punto d'attacco. E per quanto sia provinciale il dibattito italiano, è altrettanto inevitabile che arriverà anche qui l'eco della grande campagna contro la lobby fossile che ha ormai più che una somiglianza con il boicottaggio dell'apartheid.
La lobby fossile si conferma un gigante dai piedi d'argilla. Un moloch fragile che può vedere in tempi rapidissimi cambiare le sue fortune, anche per le dinamiche tecnologie dell'elettrificazione dei trasporti.

A volersi divertire un po' si potrebbe collegare questo fallimento prossimo venturo ad altri simili che in Italia hanno tutti un punto, anzi un nome, in comune: Chicco Testa.
Ex-attivista ambientalista, Testa ha da tempo collezionato un cursus honorum rilevante ai fini della suddetta ipotesi interpretativa:

  • Dal 1996 al 2002 è stato Presidente del Consiglio di Amministrazione di Enel. Dal 5 luglio 2012 è presidente di Assoelettrica. Da queste posizioni nell'industria termoelettrica ha completamente fallito nel prevedere la sfida che le nuove rinnovabili distribuite imponevano al modello delle megacentrali. Ad onor del vero non è stato il solo. In tutta Europa le aziende elettriche  negli ultimi cinque anni  hanno perso valore per 500 miliardi di euro! Ma da un ex-ambientalista ci si sarebbe aspettati più lungimiranza.
  •  Dal 27 luglio 2010 è stato il primo e unico presidente dell'ora disciolto Forum Nucleare Italiano, che voleva convincerci della bontà di EPR, AP1000 et similia. Tema complesso il nucleare. Ma qualche dubbio lo si poteva nutrire sul riciclaggio di una reattoristica che non solo non aveva innovato significativamente, ma che neanche garantiva bassi costi per aver insistito su economie di scala sul sito di costruzione. Mentre ormai da tempo tutto ciò che di innovativo arrivava sul mercato impiegava la modularità per accelerare economie di scala nella produzione. Comunque, amen dopo Fukushima. Anche qui, tempismo perfetto del Testa.


E si arriva così al più recente incarico. Da wikipedia: "Dall'ottobre 2012 fa parte del Board and Management (Non-Executive Director) della Mediterranean Oil & Gas Plc, compagnia attiva nell’esplorazione e nella produzione di idrocarburi liquidi e gassosi nell'area del mediterraneo".

Ci si augura analogo #epicfail.


Aggiornamento 16 aprile 2014:
Nesso fracking-terremoti porta a nuove più stringenti regolamentazioni in Ohio!

Aggiornamento 2 maggio 2014:
Di fracking-terremoti ne parla anche Nat Geo. Chissa quali saranno le reazioni dei "minimizzatori" se l'articolo dovesse essere mai pubblicato nell'edizione italiana. Nat Geo non è rivista scientifica, ma può avere una sua risonanza!


domenica 6 aprile 2014

Sulle ambiguità della narrazione fossile di Nichi Vendola. La Lista Tsipras le eredita?

Quella che segue è una lettera aperta inviata al comitato promotore della Lista Tsipras

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Recenti prese di posizione di Nichi Vendola e decisioni della Regione Puglia contro l'energia eolica richiedono chiarimenti su quella che è la proposta di politica energetica della Lista Tsipras.
Non bastano gli slogan sul "Green New Deal". Occorre chiarire che c'è una industria fossile da progressivamente smantellare, e che le resistenze, eventualmente anche sindacali, debbano essere superate.
La sinistra del GUE in Europa ha più volte mostrato ambiguità in tal senso perché condizionata dagli interessi del ciclo del carbone. Ambiguità miopi perché c'è più occupazione capace di futuro nella transizione alle rinnovabili. Vendola, purtroppo, e me ne dolgo perché votai SEL, si è inserito in questa narrazione ambigua filo-fossile. 
Nel seguito controargomenterò questa narrazione.


1. FINALITA' IMMAGINARIE, OPPORTUNITA' REALI PERSE

Le finalità dello stop all'eolico in Puglia sono nobili: la tutela del paesaggio, la necessità di una programmazione pubblica. Ma sono  finalità posticcie che non reggono una qualsivoglia analisi tecnica. L'esempio da manuale è stato raggiunto con la bocciatura di un progetto eolico in mare di fronte l'ILVA di Taranto. Preoccuparsi dell'impatto paesaggistico dell'eolico fuori costa di fronte all'ILVA è come dolersi di un'unghia scheggiata dopo esser stati investiti da un tir. Ammesso e non concesso che di impatto paesaggistico negativo si tratti. Ritornerò su questo aspetto nella sezione 8 di questo post perché è necessario prima sgombrare il campo da miti anti-eolici. Lì argomenterò come le torri eoliche siano da considerare un arricchimento paesaggistico, quindi un fattore positivo. 
E comunque, lo stop all'eolico in mare è paradossale per chi dice di preoccuparsi dell'occupazione nel settore dell'industria manifatturiera in una regione con attività portuali, essendo questi due attori decisivi  per lo sviluppo dell'eolico fuori costa. Si vedano al riguardo le azioni di promozione messe in atto dalla Scozia che si pone l'obiettivo del 100% rinnovabili sul consumo elettrico lordo al 2020 (e no, non è un errore di battitura, cento_per_cento al duemila_e_venti). Questi investimenti nelle aree portuali del Mare del Nord ne sono i positivi corollari. Ma, sostiene Vendola  nell'intervista citata  "La Puglia è arrivata al 40% già nel 2012, e lo scorso anno siamo cresciuti ancora. È giunto il momento di mettere un tetto". L'approccio giusto per "buttare a mare" i benefici occupazionali. 


2. GLI IMPATTI DELLE CENTRALI EOLICHE E SOLARI  

Facciamo allora chiarezza su quelli che sono gli impatti delle fonti eolico e solare. Gli impatti esistono, vanno valutati e minimizzati. Ma bisogna aver presente gli ordini di grandezza. Purtroppo, la cultura italiana prevalentemente anti-illuministica non facilita queste comparazioni. Prevale l'affabulazione dove tutto è indistinto, quindi opinabile a piacere. Non è così nelle valutazioni rigorose degli impatti ambientali delle fonti energetiche. Alla luce di innumerevoli studi indipendenti possiamo affermare che gli impatti della fonte solare e di quella  eolica  sono 100 e più volte minori di quelli delle fonti fossili, anche nel caso peggiore. Non si pensi che se ne siano sottovalutati gli impatti perché le rinnovabili godono di un'aurea verde. Ad esempio, per le biomasse, un'altra fonte rinnovabile, un numero consistente di studi indica significative criticità. Per una rassegna divulgativa degli impatti, sostanzialmente nulli, dell'eolico in base alle evidenze scientifiche si veda questo sito. In particolare, l'impatto dell'eolico sull'avifauna, spesso presentato come catastrofico in base a strazianti immagini di singoli volatili uccisi, è, al contrario, largamente positivo. L'energia eolica in quanto sostitutiva di quella fossile permette di diminuire di 10 è più volte la mortalità dell'avifauna dovuta alla generazione elettrica, che comunque è bassa rispetto ad altre cause derivate dalla presenza umana come le finestre degli edifici, i gatti domestici, etc. E anche queste cause di mortalità impallidiscono rispetto ai rischi del cambiamento climatico per la stessa avifauna. Gli uccelli, avessero la possibilità di esprimersi, direbbero "Eolico? Sì, grazie" (dettagli e riferimenti per queste comparazioni sono disponibili a questo link).
Ve lo avevo detto che era molto meglio l'eolico! (Photo by marinephotobankCC license)  
Di fronte a allarmi gonfiati ad arte, è allora pretestuoso chiedere, come ha fatto Vendola, di porre "tetti" alle rinnovabili per fantomatici "impatti cumulativi". Gli "impatti cumulativi" sono rilevanti quando si ha a che fare con fonti inquinanti per acqua, aria e suolo nei siti delle installazioni. E' improprio parlare di "impatti cumulativi" per fonti a emissioni zero  sui luoghi di installazione. Infatti, quando si riconosce che qualche impatto solare e eolico lo presentano ci si riferisce alle attività di produzione dei pannelli e delle turbine, cioè quello che sta a monte dell'attività di generazione. In esercizio, invece, gli impatti di solare-eolico non possono essere neanche lontanamente paragonati a quelli delle fonti fossili perché sono o nulli, o comunque benigni in un bilancio globale e i residui impatti locali (limitatissimi, nonché mitigabili con un po' di pianificazione)  vanno accettati per responsabilità. Come si vedrà, questa positività riguarda anche il paesaggio.



3. L'ARGOMENTO "COSTI ECCESSIVI IN BOLLETTA"

Vendola ha utilizzato un altro argomento contro le rinnovabili: "costano troppo". L'argomento preferito dalla lobby fossile. E' vero, bisogna dirlo, l'incentivazione delle rinnovabili ha anche prodotto abusi in Italia. Ma l'esistenza di abusi giustificava una revisione dei meccanismi incentivanti, non la loro abolizione. Anche perché quegli incentivi hanno raggiunto l'obiettivo: la drastica diminuzione a livello mondiale dei costi delle tecnologie. Perché si possono legittimamente valutare come costose  le rinnovabili installate nell'ultimo decennio. Ma questo riguarda il passato, non l'oggi, e meno che meno il futuro. Nei due grafici seguenti si riportano delle stime dei costi sul ciclo di vita, novembre 2013
Costo di produzione dell'elettricità sul ciclo di vita (Levelized Cost of Electricity, LCOE) in Germania nel 2013 per le seguenti tecnologie (da sinistra a destra): fotovoltaico di piccola scala nei siti tedeschi (cioè con bassa irradiazione solare, GHI 1000-1200 kWh/(mq-a)), fotovoltaico di grande taglia nelle stesse condizioni di cui al caso precedente, eolico a terra nei siti con vento utile nell'intervallo 1300 - 2700 ore per anno, eolico fuori costa nei siti con 2800 - 4000 ore per anno, centrali a biogas operanti per 6000 - 8000 ore per anno,   centrali a lignite operanti 6600 - 7600 ore per anno, centrali a carbone operanti 5500 - 6500 ore per anno, centrali a gas a ciclo combinato operanti 3000 - 4000 ore per anno.
Questo grafico chiaramente mostra la competitività dell'eolico, e persino del fotovoltaico di grande taglia in Germania! Lo stesso rapporto tecnico, figura seguente, offre stime dei costi e previsioni delle tecnologie solari anche per località a maggiore disponibilità solare come nel Sud Europa. 



LCOE di tre tecnologie solari al 2013, e stime fino al 2030 in località ad elevato irraggiamento solare. Le tre tecnologie solari sono il solare termico a concentrazione (CSP), il solare fotovoltaico a concentrazione (CPV), e il fotovoltaico convenzionale (PV).
Si può ben capire quindi il nervosismo dei produttori di elettricità fossile. Anche perché questi grafici raccontano solo in parte il potenziale spiazzante delle rinnovabili. Infatti, aumentando la quota delle rinnovabili nel mix elettrico calano le ore di funzionamento annuo delle centrali fossili, che quindi aumentano i loro costi della produzione unitaria, o distruggono la redditività del capitale investitovi.

Le rinnovabili hanno vinto la sfida industriale della diminuzione dei costi con il progredire dei volumi installati. Le economie di scala, d'apprendimento, etc, si sono realizzate. Non era scontato, ma è andata così, gli scettici hanno avuto torto, si vedano al riguardo i grafici di questo rapporto (del DOE americano, non di una associazione ambientalista) per apprezzare gli effetti degli andamenti esponenziali

Oggi, all'accusa "costano troppo" si può rispondere "costavano tanto, abbiamo investito per far scendere i prezzi, obiettivo raggiunto, raccogliamone i frutti installandone ancora"
E' poi paradossale che l'accusa delle sovra-incentivazioni (che ci sono state) venga dagli operatori delle centrali fossili. Non perché si debba relativizzare l'accusa giustificandosi con un "così fan tutti" (e.g. CIP6, etc). No, al contrario. Delle sovra-incentivazioni delle rinnovabili hanno beneficiato, oltre che i percettori delle sovra-incentivazioni, anche le stesse centrali fossili. Non è una contraddizione! Una gestione attenta e non lassista del budget degli incentivi avrebbe prodotto una maggiore quota di rinnovabili, un andamento non di tipo boom and bust del settore, e quindi maggiori problemi di sovracapacità per le centrali fossili, che per questo devono ringraziare il tanto "solerte" Ministero competente.
Ma nonostante questi errori italici, il mondo è cambiato.  Persino sotto i cieli nordici e plumbei del conservatore ma pragmatico  Regno Unito ci si pongono oggi obiettivi per il fotovoltaico che pochi anni fa sarebbero stati bollati come estremi a quelle latitudini (UK Solar PV Strategy, 4 Aprile 2014).   E' per questo che le lobby fossili hanno oggi paura delle rinnovabili. Perché le rinnovabili sono a un passo dal metterle fuori gioco. Hanno già contribuito a distruggerne la redditività nel settore elettrico. Le aziende elettriche in Europa negli ultimi cinque anni  hanno perso valore per 500 miliardi di euro (non è un errore di battitura!). Questa perdita di valore è stata causata da investimenti fuori tempo su nuove centrali fossili mentre un insieme di eventi cambiava radicalmente il quadro. Queste megacentrali si sono trovate ad affrontare costi crescenti per l'aumento dei prezzi dei combustibili fossili, domanda calante per il combinarsi di crisi economica e nuove tecnologie dell'efficienza, e competizione delle nuove rinnovabili. Persino The Economist ha dovuto registrare questi cambiamenti epocali con un articolo quasi bilanciato (incorre comunque nella fallacia degli alti sussidi, che però, come spiegato sopra, riguardano il passato e sono stati giustificati dal successo del calo dei costi delle tecnologie). 
In sintesi, solare e eolico sono vicini alla piena competitività dei costi industriali con le fonti fossili. Quando si integrano i costi socio-ambientali (le cosiddette esternalità negative) delle fonti fossili, la competitività è già raggiunta oggi. Purtroppo, i mercati non riconoscono automaticamente il valore delle esternalità evitate. E' per questo motivo che è richiesta la massima consapevolezza dei cittadini, e in particolar modo di chi si trova a avere la responsabilità di rappresentarli. Il "qualunquismo energetico" dell'intervista di Vendola rappresenta un serio arretramento culturale. 


4. L'ARGOMENTO "CONSUMO DI SUOLO"

Un altro argomento specioso del Vendola sostiene che dovremmo limitarci al fotovoltaico sui tetti a causa dell'elevato consumo di suolo di eolico e  centrali solari a terra. Sì, queste tecnologie, a causa della loro bassa densità energetica rispetto alle centrali fossili, richiedono ampie estensioni di territorio. Ma quando l'analisi è integrata sull'intero ciclo di vita dei sistemi energetici questo svantaggio si ridimensiona significativamente (per un approfondimento si veda questo studio che mostra come il fotovoltaico richieda superfici comparabili al termoelettrico a carbone quando si integra rispetto alle attività minerarie, di trasporto, etc) (studio sintetizzato in quest'altro post).  
E comunque occorre non solo contare le superfici impegnate (nel gergo tecnico,  i kmq per una data quantità di elettricità prodotta), ma anche pesare queste superfici rispetto al tipo di uso che i diversi sistemi implicano. Esiste una notevole differenza tra le superfici impegnate dalle miniere di carbone e quelle di una centrale eolica, utilizzabili anche per pascolo e agricoltura. Le due foto seguenti parlano da sole. 
C'è consumo di suolo e consumo di suolo. Qualunque sia la vostra opinione estetica su questa antropizzazione del paesaggio.............(Photo by Nigel WilliamsCC license)


.............mi viene difficile credere che riteniate quest'altra preferibile. E sì, l'alternativa è questa in base a tutta la migliore scenaristica energetica contemporanea. Chi dice il contrario mistifica o inconsapevolmente per mancanza di informazioni aggiornate, o consapevolmente per conflitto di interessi.  (Photo by Stephen Codrington, CC license)


5. L'ARGOMENTO "SOLO TETTI FOTOVOLTAICI"

Sì, il solare fotovoltaico distribuito è un tassello importantissimo della transizione energetica, d'accordo. Ma se ci si limita al solare sui tetti si limita fortemente il potenziale delle rinnovabili. Questo per le seguenti ragioni tecnico-economiche: 


  1. Il solare offre potenza variabile (giorno/notte, ciclo stagionale, più d'estate che d'inverno). Questa variabilità della fonte solare è un problema che però viene mitigato quando su larga scala si integra solare e eolico. Perché l'eolico è negativamente correlato al solare (più d'inverno che d'estate, più di notte che di giorno). L'integrazione solare-eolico su scala vasta riduce di molto la problematicità della potenza variabile di queste fonti (Budischak et al. 2013). 
  2. Per motivi di scala il fotovoltaico sui tetti è, ceteris paribus, l'opzione più costosa. Quindi a parità di risorse economiche puntando solo sul piccolo fotovoltaico si ottiene meno energia rinnovabile. 
  3. L'eolico nel mix rinnovabile contribuisce a diminuire il carico aggiuntivo fossile della transizione. Infatti, l'eolico è tra le fonti rinnovabili quella con il minore tempo di ritorno dell'energia investita (energy payback time).
Il mix di rinnovabili ottimo prevede fotovoltaico distribuito, solare da centrali a terra, e eolico a terra e in mare (e geotermico, etc). Puntare soltanto sull'opzione più costosa del mix è un modo "furbo" per boicottare la transizione. 


6. L'ARGOMENTO "UN PANNELLO A TESTA"

Una avvertenza, le semplificazioni di Vendola derivano anche da errori di comunicazione di chi propone la transizione alle rinnovabili come "facile", "non problematica", "basterebbe un pannello a testa". Questa è una vulgata comune che produce due effetti negativi:


  1. Si offre facilmente il destro alla lobby fossile che così può stigmatizzare come irrealistica la transizione.
  2. Si diseducano i cittadini inducendoli a pensare che ciò che va oltre il "pannello a testa" sia un di più non necessario.
Magari la contabilità energetica del "pannello a testa" reggesse la prova! Per quanto possiamo desiderare futuri stili di vita frugali, e miglioramenti nell'efficienza degli usi finali, la realtà della domanda d'energia è tale da richiedere significativi utilizzi del territorio per l'energia rinnovabile. L'opzione nucleare richiederebbe meno territorio, ma anche questa scelta ha le sue criticità, e non mi sembra che chi si dice contrario alle turbine eoliche sia disponibile ad accettare centrali nucleari.  Sebbene abbia delle riserve su alcuni punti, il libro open source "Energy Without the Hot Air" contiene validi e semplici (ma non semplicistici) esercizi di calcolo per imparare le grandezze in gioco su questo tema. Vivamente consigliato a tutti quelli che "un pannello a testa"!. 


7. L'ARGOMENTO "ABBIAMO GIA' TROPPO SOLARE-EOLICO" 

Quando si parla di fonti energetiche elettriche si ritiene erroneamente che queste siano non utilizzabili per gli altri usi che oggi dipendono dalla combustione diretta (combustibili liquidi per i trasporti, combustibili liquidi o gassosi per produzione di calore). Ma sono in corso anche in questi settori cambiamenti significativi.
Innanzitutto, si è registrato un forte aumento dei corsi del petrolio nell'ultima decade (prezzi quintuplicati), con un relativo effetto depressivo sull'economia. Questo balzo dei prezzi del petrolio ha indotto diverse strategie per portare nuova offerta sul mercato. Tutte queste strategie si stanno rivelando a costi industriali alti, e danni socio-ambientali altissimi.  I limiti dell'estrazione petrolifera convenzionale e la sostenuta domanda di combustibili liquidi per i trasporti inducono lo sfruttamento di risorse che erano solo pochi anni fa marginali, come ad esempio:


  1. i biocombustibili da colture dedicate food-related che hanno registrato varie valutazioni critiche (non quelli derivate da residui, che però sono limitati in potenziale (aggiornamento del 22-4-2014, nuovo studio mette in dubbio anche biocarburanti da residui del mais)). Da ultimo è stata provata la criticità del legame tra biocombustibili e alti prezzi del cibo sui mercati, con conseguenze drammatiche per le fasce più povere della popolazione mondiale (si veda questo post). 
  2. Il petrolio da trivellazioni in acque profonde, con i ben noti rischi esemplificati dall'incidente del 2010 nel Golfo del Messico
  3. Le sabbie bituminose che, nelle magnifiche foreste boreali del Canada,  hanno un impatto ambientale che ricalca riprese di Mordor, come si può osservare dal reportage  di fotografie aeree qui presentato (e con un non trascurabile "impatto democratico"). 

Al triste elenco andrebbero aggiunte le tensioni internazionali esemplificate dalla crisi ucraina, la crescente pressione per trivellare il Mediterraneo (mare chiuso con già elevato carico antropico (questi sono i veri impatti cumulativi, Vendola!)), nonché un "piccolo" rischio nel sud Italia sul quale c'è uno strano silenzio. Sì, deve essere un rischio irrilevante se nessuno ne parla! Dobbiamo far finta di niente sulla questione dei petrolchimici siciliani in caso di sisma maggiore (speriamo_bene)?   

  
Queste valutazioni pongono come ancora più importante e necessaria la transizione energetica a fonti rinnovabili elettriche. Infatti, l'elettrificazione dei trasporti urbani (in primis tram/filobus, bici elettriche, ma anche auto elettriche, etc), e quella dei consumi termici negli edifici (heat pump, anche geotermiche) è a oggi l'unica strategia possibile per ambientalizzare questi settori, altrimenti destinati alla dipendenza petrolio-gas. Inoltre, queste nuove elettrificazioni sono: 
  1. sinergiche con il parallelo aumento della quota delle rinnovabili elettriche perché provvedono gli elementi impiantistici flessibili della nuova domanda (le smart grid). 
  2. ad altissimo valore sociale perché eliminano le combustioni nelle aree urbane, lì dove maggiori sono gli impatti sanitari. Se oggi si inizia a avere coscienza dei danni delle alte ciminiere, ancora si sottovalutano quelli della miriade di tubi di scappamento ad altezza bambino.
La buona notizia è data da dinamiche tecnico-economiche che oggi offrono potenzialità prima impensabili. La figura seguente mostra la continua e progressiva caduta dei costi delle batterie per veicoli elettrici all'aumentare della dimensione del mercato.
Andamento dei costi e delle vendite cumulative delle batterie agli ioni di litio per veicoli elettrici negli U.S.A., anni 2008-2012, fonte US DOE

L'aritmetica base dei consumi energetici indica che soltanto un terzo dei consumi totali è rappresentato dagli attuali fabbisogni elettrici. Per aggredire i rimanenti due terzi del bilancio, anche tenendo conto degli aumenti di efficienza che l'elettrificazione consente, occorre prevedere una significativa espansione della domanda elettrica. Ecco perché possiamo dire che il solare-eolico installato in Italia   è ben lontano dal poter essere considerato "troppo".  La narrazione dovrebbe puntare al "Facciamone ancora. Presto".



8. .......MA IL PAESAGGIO?

Nessuno propone l'inserimento di centrali eoliche-solari nelle oasi del paesaggio italiano. Oasi che hanno conservato l'arte dell'antropizzazione pre-industriale, o l'incanto della natura non contaminata da attività umane. Queste oasi vanno protette senza cedimento alcuno. Ma fuori dalle oasi esiste il paesaggio anomico della modernizzazione fossile. Dovunque si manifestano il cemento e l'asfalto la grande bellezza è stata sacrificata. Le tracce di questo sacrificio sono registrate nei livelli di concentrazione in atmosfera dei gas serra prodotti dalle fonti fossili che hanno alimentato la produzione di quel cemento-asfalto. Ed essendo l'Italia tra i primi paesi al mondo ad essersi lanciata in questo progresso che ormai sappiamo insostenibile, abbiamo un obbligo morale rispetto ai paesi che solo ora seguono i passi di questa stessa nostra modernizzazione. I gas serra hanno tempi lunghi di permanenza, il secolo è unità di misura rilevante, e l'accumulo storico conta.
Quindi, non si vogliono difendere le centrali solari-eoliche come impatto minore rispetto a impatti maggiori già esistenti (anche se pure questo argomento ha la sua rilevanza in un'ottica a criteri multipli). Al contrario, si propongono centrali solari-eoliche come compensazione, come espressione visibile di un cambio di direzione rispetto all'antropizzazione fossile. E' questo un cambio di prospettiva, per una estetica in sintonia con l'etica. Le torri eoliche, i campi solari sono belli perché giusti. Non potremmo concentrare il dibattito su come meglio inserire queste centrali nel paesaggio, in modo da avere le centrali più belle del mondo? Sicuramente abbiamo anche giovani paesaggisti di talento per raggiungere questo scopo.



9. L'OBIETTIVO DI QUESTO POST

Valutazioni di giustizia internazionale (le guerre per le risorse scarse), rischi del cambiamento climatico, danni alla salute, politica industriale orientata al futuro, etc, ci indicano come necessaria e desiderabile la completa decarbonizzazione dell'economia, al massimo entro il 2050. Le lobby fossili puntano i piedi. Ma vanno sconfitte, altrimenti non si è né di sinistra, né tantomeno pacifisti.
Quindi, cosa propone la Lista Tsipras?
L'industria fossile deve essere avviata a dismissione, oppure, in nome della difesa dei posti di lavoro esistenti, fermiamo le rinnovabili? 
Se la risposta dovesse essere la prima opzione, pregherei il comitato promotore della Lista Tsipras di smentire pubblicamente l'imbarazzante "narrazione fossile" di Nichi Vendola

Hic Rhodus, hic salta