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sabato 5 maggio 2018

L'illusione del piccolo è bello



In questo articolo pubblicato su Technology Review è riportata l'aritmetica di base del sistema energetico mondiale. Questi conteggi spiegano che ci stiamo illudendo di aver fatto progressi per quei quattro pannelli fotovoltaici o turbine eoliche che abbiamo installato fino ad oggi.
Troppo poco, bisognerebbe fare 8 volte di più, ogni anno, nei prossimi 30 anni.
Ma questo obiettivo ha tutt'altre implicazioni rispetto a quello che si sente dire a proposito di "missione Apollo", o altri programmi d'investimento tecnico-scientifico.
Magari fosse solo necessario l'equivalente di un nuovo programma d'esplorazione spaziale!
No, il livello di mobilitazione e trasformazione industriale dovrebbe essere paragonabile a quello della seconda guerra mondiale, quando furono nazionalizzati i settori principali dell'economia e riconvertiti alla produzione di armi.
Una mobilitazione simile è oggi necessaria per evitare ulteriori danni irreversibili, nei tempi umani, all'equilibrio climatico.
Meno di questo e sono solo "pannicelli caldi".

Tell Me Lies, Tell Me Sweet Little Lies!



L'EASAC, il consiglio consultivo delle accademie scientifiche europee, con questo rapporto smonta il facile ottimismo sulle tecnologie di rimozione del carbonio dall'atmosfera (NET, negative emission technologies).
Ad oggi, conclude l'EASAC, queste tecnologie hanno un potenziale realistico di molto inferiore rispetto a quanto considerato nell'Accordo sul Clima di Parigi.
In quell'Accordo, queste tecnologie costituivano la "toppa" rispetto alle scelte politicamente più difficili, e quindi rimandate nel medio-lungo periodo, di riduzione delle emissioni climalteranti.
Per fortuna, qualcuno di autorevole come l'EASAC ha avuto il coraggio di mettere nero su bianco questi segreti di pulcinella — perché lo sapevano già tutti che le stime sulle NET erano sì delle "sweet lies" ma non esattamente "little".

Le "magiche" app che aumentano gli ingorghi


Articolo di The Atlantic sugli ingorghi a New York causati dai servizi a chiamata via app.
Come volevasi dimostrare: questi servizi di mobilità a chiamata peggiorano, non migliorano, la congestione stradale — nonostante tutte le chiacchiere che ci siamo dovuti sorbire in questi anni da parte dei superficiali cantori delle magiche "app".
Eppure è semplice da capire. L'auto a chiamata risolve soltanto un problema del trasporto basato sull'automobile individuale, quello degli spazi di parcheggio. 
Ma crea un altro problema, quello dell'aumento della domanda stradale perché le auto a chiamata devono riposizionarsi tra un cliente e l'altro, cioè il volume delle distanze percorse aumenta.
Dato che questi servizi non migliorano il coefficiente di utilizzo dell'auto, solitamente è sempre pari ad uno il passeggero servito, il conducente non conta, in termini di riduzione della congestione questa soluzione non può fare miracoli. Queste app tanto magnificate non vanno confuse con le app di reale condivisione del tragitto tra pari, dove cioè il conducente avrebbe comunque effettuato lo spostamento. Ma questo non è il caso predominante di queste app, che sono, di fatto, un tentativo di instaurare un monopolio globale di quello che prima era solo un monopolio locale, quello dei tassisti.
Dato che quest'ultima categoria non è esattamente la più simpatica, queste app hanno potuto godere di una certa aura positiva — ma si tratta di un passaggio dalla padella alla brace.
Perché quando questa "aura" viene utilizzata per boicottare il trasporto pubblico si fa un danno ben maggiore.
Come volevasi dimostrare.

Centrali elettriche a biomassa, quando il "rimedio" è peggiore del male










A questo link un importante articolo sulla biomassa per generazione termoelettrica in sostituzione del carbone.
Il caso studio è pertinente rispetto alla situazione in Inghilterra che importa pellet dal sud degli USA. In questo scenario d’utilizzo, il debito emissivo della biomassa rispetto al carbone si ripaga, nella migliore delle ipotesi, sull’orizzonte temporale delle decadi. Più realisticamente, a causa del minore rendimento termoelettrico e del maggiore fabbisogno energetico a monte della combustione, il pellet rispetto al carbone produce un debito emissivo maggiore rispetto a quanto fino ad oggi stimato. Il tipo di coltura forestale è anche rilevante. Diversamente da quanto assunto comunemente, le colture forestali a rotazione rapida sono persino peggiorative rispetto alle foreste naturali di querce ad accrescimento lento a causa della maggiore densità di carbonio accumulabile da queste ultime.
Rimane il fatto che, anche sotto le ipotesi più ottimistiche, con la combustione di pellet in centrali termoelettriche si crea un impulso peggiorativo sulle concentrazioni di CO2 nel breve-medio periodo. Ed è nel breve-medio periodo che sono maggiori i rischi di effetti cascata sull’instabilità climatica.

È fuori dal mio dominio di competenza, ma questo modello andrebbe particolarizzato per le filiere pellet che utilizziamo in Italia, incluso il pellet in alternativa al gas naturale per riscaldamento. Non sarei sorpreso se, tranne qualche eccezione di utilizzo di residui locali, si scoprisse che stiamo facendo più danni che altro.

domenica 14 maggio 2017

Bufale, Vacche Sacre, e Universi Paralleli sulla Tranvia di Cosenza

Icarus tram, autore della foto Ross Thomson, licenza Creative Commons
Un anno fa avevo documentato nella Sezione 9.d di questo post come fosse surreale la stima di 100 milioni di euro all'anno per i costi di gestione della tranvia di Cosenza -- stima effettuata da persone critiche del progetto tranviario che addirittura vantano "conoscenze tecniche" sui sistemi ferroviari. 

Un notevole passo avanti di riavvicinamento alla realtà è avvenuto nei giorni scorsi da parte di un altro "esperto" che, anche lui, osteggia il progetto del tram cosentino.
Il Nostro così scrive:

Avrete notato che per questo estratto non ho fornito alcun link. 
È una scelta effettuata per due motivi: 
1) Il diritto all'oblio va garantito a chi commette di questi errori --  "si parla del peccato e non del peccatore" ci ammonisce la saggezza religiosa.
2)  Evitare di citare chi merita una stroncatura è la strategia migliore -- perché anche  la pubblicità negativa è pubblicità -- ci ha insegnato la cultura laica di Umberto Eco.

Ma ritorniamo all'analisi del testo che stima i costi di gestione della tranvia a 35 milioni di euro per anno.
Questa "stima" di 35 milioni di euro si basa su un parametro di produzione per veicolo "alquanto" sovrastimato: 416 mila chilometri all’anno -- un valore che un tram non percorre in nessuna parte del mondo!!!
Per avere un termine di paragone, i vagoni della metropolitana di New York effettuano circa 100 mila chilometri all’anno. In una metropolitana. A New York.
Sistemi di più recente concezione, ad alto tasso di automazione, con stazioni ben distanziate, come lo SkyTrain di Vancouver, possono ottenere valori di produzione più alti, di circa 170 mila km/anno per veicolo. Con i treni automatici, i viadotti, e a Vancouver.
I tram  nelle realizzazioni medio-piccole come quella del progetto di Cosenza si attestano tra i 30 e i 50 mila chilometri all’anno per veicolo.
Varie ipotesi sono state avanzate da alcuni commentatori sui social network su come far quadrare i conti con questa stima. L'orientamento prevalente è che bisognerebbe spostare la tranvia su un altro pianeta con un anno più lungo degli insufficienti 365 giorni dell'anno terrestre. "Considerazioni di un altro pianeta", è stato uno dei commenti più benevoli.
Oppure, che questo tram venga dotato di ali, così da accontentare anche quelli che sono infastiditi dall'alimentazione elettrica a filo del progetto attuale.

Ma da dove origina questo dato di 416 mila km/anno?
Sveliamo l'arcano, il dato si riferisce all’INTERA FLOTTA di 11 tram, non a ciascun tram. 
L'unità di misura che accompagna questa stima nel progetto vede infatti "vett", cioè vettura o tram, a numeratore, non a denominatore. Il Nostro ha confuso "vett-km/anno" con "km/vett-anno". 
Quindi, le proiezioni del costo gestionale contenute nel testo citato vanno divise per 11.
La stima diventa così pari a circa 3,1 milioni euro/anno, e non 35 milioni euro/anno.
Converrete che c’è una certa differenza.

Comunque, c'è da felicitarsi del progresso nelle posizioni degli anti-tram. 
L'anno scorso facevano circolare stime del costo gestionale pari a 100 milioni di euro/anno. 
Adesso parlano di 35 milioni. 
Bene, data questa serie storica, c'è speranza che tra un po' arrivino a convergenza:
Gli anti-tram sono ossequiosi osservanti di un tabù locale. 
Come per le Vacche Sacre dell'India,  nelle terre bruzie vagano indisturbati, perché davvero in pochi fanno l'affronto di utilizzarli in modo utilitaristico (perversione del pensiero occidentale), degli amabili esseri: gli autobus vuoti.
Sono riveriti dai locali, perché qui è meglio non parlare dei sussidi alla gestione del servizio di trasporto pubblico attuale. 
Così, anche gli anti-tram si guardano bene nelle loro mirabolanti stime di sottrarre i risparmi per il consolidamento dei servizi di trasporto pubblico lungo il tracciato della tranvia.
È pur vero che una stima precisa può essere fatta soltanto a valle di un piano di riorganizzazione della rete di trasporto pubblico. 
Ma è questo che dovrebbe essere l'argomento principale di discussione, invece che inventarsi allarmi infondati. Perché il piano dovrebbe considerare sia potenziamenti (nei servizi di adduzione) che sostituzioni, in quanto nella dorsale di un trasporto ad alta capacità come quella offerta da un tram non ha senso offrire duplicazioni di servizio. 
Comunque, con tutte le limitazioni premesse, una stima sugli ordini di grandezza si può fare. In questo corridoio trasportistico solamente le rotte di autobus extraurbani sviluppano ben 2 milioni di bus-km per anno che costano alla collettività sussidi per circa 4 milioni di euro per anno. Quindi, il minimo dei *sussidi* evitabili (4 M€/anno) è maggiore dei *costi* in conto esercizio (3 M€/anno) della tranvia. La differenza tra costi e sussidi aggiunge margine di sicurezza alla stima. 
Si aggiunga il fatto che un servizio tranviario dovrà per forza andare a gara europea, con tutti i servizi di adduzione annessi, e dovrebbe essere chiaro a tutti, purché non ingenui (per usare un eufemismo), da dove origina l'accanimento anti-tram e il florilegio di bufale catastrofiste che sono state messe in circolazione.
Le vacche sacre richiedono le bufale, è una metafora dell'interdipendenza eco-sistemica nella Valle del Crati.

Ad aggiungere danno informativo su danno informativo, gli anti-tram si guardano bene dal considerare i vantaggi ambientali di una tale sostituzione gomma-ferro. Preferiscono dimenticare che sulle rotte extra-urbane (quelle che convergono sulla tratta Unical-Cosenza) la trazione elettrica per gli autobus è ancora di là da venire, e che comunque ci sono da considerare le emissioni nocive dell'abrasione di pneumatici, asfalto, e freni di 2 milioni di bus-km/anno effettuati in un fondo valle densamente abitato.
Si possono fare tutte le ipotesi di caso peggiore che si vogliono per il tram, ma non si arriverà mai a dimostrare che 400 mila tram-km/anno non siano ambientalmente migliorativi di 2 milioni di bus-km/anno. Chi ha credenziali professionali o accademiche e si vuole cimentare nell'esercizio lo faccia pure e poi pubblichi i calcoli.
Sarà mia cura sbugiardarlo, e non in forma anonima, per il cialtrone che è. 

Purtroppo, il grafico che prima mostravo dell'andamento declinante della bufala sui costi di gestione non è un indicatore affidabile di un miglioramento del dibattito.
Ci sono, invece, prove di peggioramento.
Mi permetto di svelare un solo tratto dell'identità dell'autore del testo sui 35M€/anno: è un laureato in economia.
Converrete che sbagliare stime di costo per un laureato in economia è molto più grave che prendere lucciole per lanterne su dettagli tecnici. Sulla tecnica il laureato in economia ha le attenuanti.
Infatti, il Nostro si era già prodigato nel passato con vari articoli su varie castronerie tecniche. 
Alcune (9.a, 9.b., e 9.c del post) le avevo già documentate. Molte altre, mi scuserete, non l'ho fatto. Perché, francamente, è opera improba, cadono le braccia soltanto a leggerle certe cose.
Ma stamattina, domenica, ho una mezz'ora libera, vi racconto di un'altra "perla".
Questo è il Nostro in tutto il suo splendore numerico:

 Tralascio la confusione di accusare il progetto di essere sottodimensionato o sovradimensionato al variare delle fasi lunari.
No, quello che qui farebbe ridere se non ci fosse da piangere è che il Nostro, che scrive a profusione sull'argomento, ancora non ha capito cos'è una frequenza e come si calcola una capacità in una linea di trasporto!!!!!
Per semplicità utilizzo il suo esempio numerico: se offro una frequenza di 8 tram/ora, con ogni tram di capacità pari a 300 passeggeri, vuol dire che all'utenza, IN OGNI PUNTO DELLA LINEA BIDIREZIONALE OFFRO 2400 spazi/ora. Non c'è da dividere per due per calcolare il valore per tratta. I tram non spariscono con il teletrasporto appena arrivati al terminale. E INOLTRE SUI TRAM SI SALE E SI SCENDE DURANTE IL PERCORSO, C'E' ROTAZIONE SUI POSTI OFFERTI. Al rilascio dello spazio occupato da un passeggero non si instaura un campo repulsivo che ne inibisce l'uso.
Quella indicata di 2400 spazi/ora è la capacità cosiddetta di collo di bottiglia. Al variare del tipo di distribuzione della domanda lungo il corridoio della linea, una capacità di collo di bottiglia X può servire una domanda nelle due direzioni Y, con Y maggiore di X di due o anche tre volte (dipende, appunto, e il progetto queste analisi le fa). Non c'è alcun sotto-dimensionamento della flotta di un fattore due. È il Nostro che non conosce l'abc del settore.
Capirete ora perché dicevo che ci vuole una pazienza di Sisifo per rispondere a queste castronerie?
I commenti sulle caratteristiche "di un altro pianeta" di queste "analisi" sono benevoli. Un altro universo con diverse leggi fondamentali è invece richiesto.   




  














domenica 4 dicembre 2016

Sette generazioni dopo, il generale Custer trucida ancora


Nel mese di novembre in Nord Dakota le acque del fiume Missouri sono gelide. A turno, gruppi di ragazzi, di etnia amerindiana, ma non solo, si immergono in quelle acque e provano a raggiungere l’altra riva. Il freddo delle acque è l’ultima loro preoccupazione. Dall’altro lato del fiume è schierata la guardia nazionale che li attende con gas lacrimogeni, proiettili di gomma, cani da attacco, e varie altre amenità della cosiddetta “sicurezza”. 

Nel rispetto dell’ideale della nonviolenza, i ragazzi si fanno manganellare tenendosi per mano, cantando, pregando, e proclamando il motivo per cui spingono il loro corpo verso l’altra riva di quel fiume.
Vogliono terra, acqua, e aria libere dall'oleodotto "DAPL" che dovrebbe passare sotto il Missouri.
- Si preoccupano della terra perché l’oleodotto, il "nero serpente" come lo hanno rinominato, dovrebbe attraversare i luoghi sacri dove sono sepolti i loro antenati.
- Si preoccupano dell’acqua perché il fiume Missouri è la riserva di acqua pulita per loro, i Sioux del fiume, così come per altre decine di milioni di americani verso valle, fino al delta del Mississippi.
- Si preoccupano dell’aria perché questo oleodotto trasporterà uno dei combustibili liquidi a maggior contenuto di carbonio mai utilizzato dall’umanità (shale oil del bacino Bakken), mettendo così la pietra tombale sulle speranze di contenere il cambiamento climatico.

“Standing Rock” (La Roccia In Piedi), così si chiama il luogo dove sta avvenendo questa piccola lotta contro l’impero fossile.
Da un lato i discendenti di quei popoli nativi trucidati per più generazioni (sette generazioni, dai tempi del generale Custer), ma ancora in piedi, verticali.
Dall’altro lato, noi, se non tutti almeno tutti in parte, i visi pallidi che profittano della distruzione ambientale, dell’estrazione dei combustibili fossili.
Eppure, il confine tra il “noi” e il “loro” è labile. Almeno per quanto riguarda l’atmosfera perché siamo tutti coinvolti nel rischio di un pianeta che potrebbe diventare inabitabile a causa del cambiamento climatico.
Ma sono quasi esclusivamente “loro”, i soggetti più deboli del pianeta, a spostare il loro corpo verso l’altra riva, quella della “nostra” polizia in assetto antisommossa. Pochi gli aiuti, ma comunque importanti. I giornalisti e i medici sono utilissimi, e, non a caso, sono tra i primi ad essere messi nel mirino. Non è una metafora, sparano per davvero. Proiettili di gomma, ma che hanno un impatto tale da poter essere letali. Solo perché il 4 novembre uno di questi proiettili ha centrato alla schiena una giornalista bianca, Erin Schrode, la notizia ha avuto un po' di diffusione (al minuto 8:40 del video in cima a questa pagina). Gli amerindiani dicono che per loro questa è routine.
Ah, dimenticavo di aggiungere la buona notizia, ci vuole sempre un finale positivo, deve essere così, siamo stati abituati così. 
Il nuovo presidente eletto degli Stati Uniti, Donald J. Trump, ha una partecipazione finanziaria in questo oleodotto. Non solo, ha più volte dichiarato che vuole rilanciare gli investimenti in infrastrutture, ma solo quelle sporche, fossili e inquinanti.
In questo contesto, la probabilità che sia ascoltata la voce di questi protettori della terra, dell’acqua e del cielo è zero.
Che vengano schiacciati ancora è una certezza, come ai tempi del generale Custer.
Con la differenza che oggi abbiamo tutti la possibilità di vederlo online e in diretta. Sintonizzate i vostri feed su #standingrock, dove l'impero colpisce e no, non arrivano i nostri.
Questa ragazza Sioux molto probabilmente perderà la vista ad un occhio dopo esser stata colpita da un proiettile di gomma.

Come molti nativi amerindiani, la ragazza non ha una assicurazione sanitaria, e quindi le cure le sono state rifiutate in ospedale.

Così funziona nell'America modello di democrazia.
Chi manifesta pacificamente viene malmenato, e le spese sanitarie sono a carico suo.
Dato che questa lotta dei Sioux riguarda tutti noi, perché quel petrolio è super-inquinante, sarebbe il caso di donare anche solo qualche dollaro per le spese mediche di questa ragazza.
Il link è questo qui.

#NODAPL
#StandingRock

martedì 26 aprile 2016

Ufficializzato la status dei finti combustibili "bio"



Era ora!
Finalmente rilasciato il rapporto UE sui biocarburanti (link).
Il biodiesel da colture alimentari è un disastro, anche climatico.
Il bioetanolo in media è meglio, ma anche qui il gioco non vale la candela.
Sarà necessaria una svolta ad U su questa che si credeva essere una leva per de-carbonizzare il settore dei trasporti.
Vari "gufi" da tempo l'avevano detto, ma inascoltati.
Questo rapporto (link) del WRI già un anno fa l'aveva impallinato. 
Adesso finalmente arriva il rapporto Globiom che l'UE aveva rallentato per non scoprire il segreto di pulcinella della sua strategia fallimentare di ambientalizzazione dei trasporti. 
A molti conveniva fare gli struzzi sul biodiesel.
Conveniva all'industria automobilistica europea che aveva puntato sulla motorizzazione diesel come strategia di arrocco rispetto alla competizione asiatica. 
Conveniva alle lobby agricole perché i biocarburanti davano una valvola di sicurezza sulle eccedenze e mantenevano i prezzi alti. Conveniva ai tanti europarlamentari che potevano farsi belli su strategie non problematiche per lo status quo. 
Conveniva a molti ma non al clima,  alla qualità dell'aria nelle città, all'innovazione dell'industria europea, alle popolazioni povere colpite dall'aumento dei prezzi delle derrate agricole, in parte causato da queste strategie.