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sabato 5 maggio 2018

Centrali elettriche a biomassa, quando il "rimedio" è peggiore del male










A questo link un importante articolo sulla biomassa per generazione termoelettrica in sostituzione del carbone.
Il caso studio è pertinente rispetto alla situazione in Inghilterra che importa pellet dal sud degli USA. In questo scenario d’utilizzo, il debito emissivo della biomassa rispetto al carbone si ripaga, nella migliore delle ipotesi, sull’orizzonte temporale delle decadi. Più realisticamente, a causa del minore rendimento termoelettrico e del maggiore fabbisogno energetico a monte della combustione, il pellet rispetto al carbone produce un debito emissivo maggiore rispetto a quanto fino ad oggi stimato. Il tipo di coltura forestale è anche rilevante. Diversamente da quanto assunto comunemente, le colture forestali a rotazione rapida sono persino peggiorative rispetto alle foreste naturali di querce ad accrescimento lento a causa della maggiore densità di carbonio accumulabile da queste ultime.
Rimane il fatto che, anche sotto le ipotesi più ottimistiche, con la combustione di pellet in centrali termoelettriche si crea un impulso peggiorativo sulle concentrazioni di CO2 nel breve-medio periodo. Ed è nel breve-medio periodo che sono maggiori i rischi di effetti cascata sull’instabilità climatica.

È fuori dal mio dominio di competenza, ma questo modello andrebbe particolarizzato per le filiere pellet che utilizziamo in Italia, incluso il pellet in alternativa al gas naturale per riscaldamento. Non sarei sorpreso se, tranne qualche eccezione di utilizzo di residui locali, si scoprisse che stiamo facendo più danni che altro.

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